Intervista al Cardinale Jozef Glemp
12/09/2006
di Arnaldo Casali
Strettissimo collaboratore di Stefan Wyszynski, di cui è stato segretario per 15 anni, il cardinale Jozef Glemp gli è succeduto – nel 1981 – come arcivescovo di Varsavia e primate di Polonia.
Nel corso del suo lungo episcopato Glemp ha attraversato da protagonista 25 anni della storia polacca, dal regime del generale Jaruzelski al trionfo di Solidarnosc di Lech Walensa, dal fallimento di quell’esperienza che ha riportato per un decennio al potere gli ex comunisti fino alla delicata fase dell’ingresso nell’Unione Europea, osteggiata dai nazionalisti e dal cattolicesimo ultraconservatore.
Nel 1989 il cardinale Glemp fu il primo ad accogliere gli incontri interreligiosi organizzati dalla Comunità di San’Egidio sin dal 1987 per non disperdere lo “Spirito di Assisi”, ma che fino ad allora erano rimasti confinati a Santa Maria in Trastevere. Da lì è iniziato un cammino comune che ha portato Glemp ad essere nominato presidente della Fondazione “Uomini e Religioni”.
“Io ero in ottimi rapporti con la Comunità di Sant’Egidio sin dall’inizio del mio episcopato a Varsavia, perché la basilica di Santa Maria in Trastevere è la mia chiesa titolare come cardinale, quindi già il mio ingresso come cardinale – nel 1983 - l’ho fatto accompagnato dalla Comunità di Sant’Egidio. Poi le cose, in Polonia, hanno cominciato a cambiare: avevamo maggiore libertà, cambiava il sistema statale, e così abbiamo pensato che si poteva fare questo incontro”.
E’ stato difficile organizzarlo in una Polonia ancora sotto il regime comunista?
“Abbiamo parlato a lungo con il primo ministro, e certo quello è stato un segnale importante, perché sono venute persone da molti paesi. E’ stato l’inizio di una testimonianza, che con la Comunità di Sant’Egidio ci ha portato poi in tutto il mondo, da Malta a Palermo, da Barcellona a Lione”.
Che atmosfera si respirava in quell’incontro di Varsavia?
“Si era capito che il comunismo ‘duro’ sarebbe crollato. Perché se il primo ministro era cattolico e veniva pubblicamente alla messa, significa che era in corso un cambiamento serio. Allora, anche se c’erano difficoltà, qualcosa stava cambiando”.
Quindi, due mesi prima del muro di Berlino, un altro muro è crollato a Varsavia...
“Sì, il muro non era crollato ancora a Berlino. E per questo a Varsavia avevamo accolto nel seminario molti rifugiati. Ma tutto è durato poco più di un mese, poi il muro è crollato”.
Quale è stata la più grande eredità di Giovanni Paolo II per la Polonia e per il mondo?
“Tutta la sua vita, il suo modo di comportarsi verso la gente, verso la natura. E’ un personaggio che ha spinto molto perché la speranza, la carità vincessero, e la paura non ha potuto fermarlo. Ha parlato davvero con tutti. Questo perché aveva più fiducia in Dio che paura degli uomini”.
Il rapporto tra le religioni e le etnie come è vissuto in Polonia?
“Noi abbiamo ormai ormai una grande maggioranza dei cattolici, quindi non c’è tanto un problema di convivenza. Ma a gennaio in molte chiese viene organizzata le preghiera per l’unità dei cristiani, e si organizzano anche incontri con i musulmani e gli ebrei. Nelle nostre chiese, poi, vengono a pregare anche gli ortodossi – che sono 300000 – e gli appartenenti alle chiese riformate, che sono più di 10000.
E il vescovo luterano, che ha la sua sede vicino alla mia, partecipa insieme a me alla Via crucis del venerdì santo”.
Source
Soutenir le Forum Catholique dans son entretien, c'est possible. Soit à l'aide d'un virement mensuel soit par le biais d'un soutien ponctuel.
Rendez-vous sur la page dédiée en cliquant ici.
D'avance, merci !