La triste apostasia di Alessandro Gnocchi
di Roberto de Mattei
La perdita di un’anima è sempre un caso doloroso, ma lo è molto di più quando ciò comporta uno scandalo per altre anime. E’ questo il caso dell’apostasia di Alessandro Gnocchi, che in un libro dal titolo Ritorno alle sorgenti. Il mio pellegrinaggio a Oriente nel cuore dell’Ortodossia (Monasterium, gennaio 2023, pp.170) ha annunciato di avere voltato le spalle alla Chiesa cattolica, per entrare a far parte del «Patriarcato di Mosca, ecumene ortodosso» (p. 14).
Egli è ora “Aleksander” e la sua anima non appartiene più alla Chiesa, ma a quella del suo «staretz», «qualcuno che prende la vostra anima e la vostra volontà e le assimila nella propria anima e nella propria volontà» (F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, I, Mondadori, Milano 1998, p. 39). Sotto la guida dello staretz, egli ritiene di essersi incamminato lungo il «sentiero della santità» (p. 30). Il suo cuore «si trova sul Monte Athos, l’Agion Oros, la Santa montagna, in venerazione dei veri santi» (ivi). Tutto quanto è scritto «nel mio libro», afferma, «è la conclusione di un lavoro intrapreso con il mio staretz» (p. 103).
Conosco e ho stimato Alessandro Gnocchi dal 2009. Presentò in varie occasioni la mia storia del Concilio Vaticano II, pubblicata da Lindau nel 2010, ed io recensii su Il Foglio il bel libro pubblicato da lui e da Mario Palmaro (1968-2014), La Bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà (Fede e Cultura, Verona 2012). La “Bella addormentata”, secondo Gnocchi e Palmaro, è la Sposa di Cristo, che nel suo aspetto divino mantiene inalterata la sua bellezza, ma sembra immersa in un profondo letargo. «Bella perché, nonostante i nostri peccati, le nostre debolezze, i nostri tradimenti, i nostri errori, la Chiesa cattolica continua a essere, e sarà sempre, l’immacolata sposa di Cristo» (p. 5).
Oggi però Gnocchi rinnega quell’«immacolata sposa di Cristo» e alla voce dei suoi Papi, dei suoi dottori e dei suoi santi, sostituisce quella degli staretz russi, dipendenti dal Patriarcato di Mosca. La sua apostasia viene inoltre presentata in alcune pubblicazioni e blog tradizionalisti come una seria e sofferta scelta spirituale. Ciò conferma la situazione di profonda confusione in cui questo mondo si trova da qualche anno a questa parte.
Gnocchi, nel fondo, disprezza i suoi superficiali apologeti, perché, a differenza di loro, non è sincretista. Il rifiuto dell’ecumenismo è l’unico punto in cui egli è coerente con il suo passato. La riconciliazione teologica tra ortodossia e Chiesa cattolica per lui è «tecnicamente» impossibile, «l’Unità delle Chiese si mostra sempre più come una chimera destinata, nella realtà, a frustrare dei buoni sentimenti fondati sul nulla…» (p. 113). Il suo ripudio della Chiesa di Roma è totale e inappellabile. La religione cattolica è definita «emisfero romano», «cieco e inconcludente» (p. 62). San Pietro non ha avuto successori (p. 105): «il papa di Roma è dunque solo un vescovo, niente di più!» (p. 106) e l’«ideologia papale» (107) si è definitivamente allontanata da Cristo. La sua è stata un’istantanea “conversione” a rovescio: «Quando sono entrato per la prima volta in una parrocchia ortodossa mentre si stava celebrando la Divina liturgia mi è stato subito evidente che, arrivato lì con l’idea di essere cattolico romano, ne sarei uscito ortodosso russo. Così avvenne» (p. 80). «Mi è stato altrettanto chiaro – scrive oltre – che la Chiesa romana ha ceduto fin dai primi secoli alle tentazioni demoniache respinte da Gesù nel deserto» (p. 97).
Questa posizione, così chiaramente espressa, non è solo scismatica, ma apertamente eretica. Dopo che il Concilio Vaticano I definì verità di fede il primato del Romano pontefice, non è del resto più possibile lo scisma senza l’eresia. La conseguenza di questa defezione è l’autocefalia. Tutti si sentono piccoli “papi” e diventano “protestanti”. Del resto, che cosa non è, se non protestantesimo, la religione scismatica russa nata nel 1589, quando, per un capriccio dello zar Fëdor (Teodoro) I Ivanovič, fu istituito al Cremlino il patriarcato di Mosca? Da allora, tra tutte le chiese orientali, la “Terza Roma”, si è presentata come la principale rivale della Chiesa cattolica.
Nessuno dica che conservando la validità dei sacramenti la chiesa scismatica orientale mantiene una riserva spirituale. La validità dei sacramenti non significa infatti flusso di vita spirituale. I sacramenti sono cause efficienti strumentali che esigono, come ogni principio attivo, la disposizione del soggetto che li riceve, per produrre il loro effetto. Non c’è santità possibile al di fuori della vita della grazia, ma non c’è autentica grazia possibile, al di fuori della Chiesa cattolica. Chi abbandona la Chiesa cattolica per passare alla cosiddetta ortodossia commette un peccato mortale tra i più gravi. Attraverso la grazia accogliamo la divina persona dello Spirito Santo, la SS. ma Trinità viene ad abitare nella nostra anima, ed essa diviene Sposa di Dio; per la grazia ci vengono infuse le virtù teologali e morali e riceviamo i sette doni dello Spirito Santo. Ma chi è in peccato mortale è privo dell’azione della grazia santificante.
Ha perfettamente ragione chi definisce l’ortodossia un «ramo secco», buono solo per il fuoco. La linfa soprannaturale non scorre nel tronco delle false religioni. Perciò Joseph de Maistre giudiziosamente afferma: «Tutte queste Chiese separate dalla Santa Sede all’inizio del XII secolo possono essere paragonate a cadaveri congelati le cui forme sono state preservate dal freddo» (Lettre à une dame russe sur la nature et les effets du schisme, in Lettres et opuscules inédits, A. Vaton, Paris 1863, vol. II p. 406).
E’ vero che ci si può salvare per via straordinaria anche all’interno di religioni non cattoliche, malgrado la loro erroneità, ma Alessandro Gnocchi non è un mugiko ignaro della verità cattolica: è un battezzato, che dopo aver conosciuto e professato la vera Fede, l’ha pubblicamente ripudiata e definisce il suo «consapevole ritorno all’Ortodossia» (p. 39) come «un passo irrevocabile» (p. 81).
Chi si trova in peccato mortale consapevole e irrevocabile, si priva definitivamente dell’influsso della grazia. Per questo, insegna l’Enciclopedia Cattolica, «lo scismatico, trovandosi volontariamente fuori dalla Chiesa non partecipa alla vita divina del Corpo Mistico ed è privato dei mezzi di santificazione» (Vincenzo Carbone, Scisma, vol. XI, col. 116). La grazia è un dono divino infinitamente superiore ad ogni cosa creata. E se, come dice san Tommaso, è più grande il ricondurre un peccatore nello stato di grazia che creare il cielo e la terra (Summa Theologica, I, 2, q. 113, a. 9) che cosa dovremmo pensare di chi rifiuta pertinacemente la grazia? Un terremoto che distrugge una città o una regione, come quello terribile della Turchia, ci impressiona profondamente, ma molto di più dovrebbe atterrirci la rovina di un’anima in seguito alla perdita della grazia. Lo diciamo ad alta voce. Il lezzo della religione moscovita ci disgusta, il profumo di Roma, Cattedra di Verità e Madre delle Genti, ci inebria. Proviamo però grande pena per Alessandro Gnocchi e per tutti coloro che sono tentai dallo scisma e dall’eresia, anche a causa degli errori e dei peccati delle supreme autorità della Chiesa. Ci troviamo di fronte a un dramma che esige la riflessione e la preghiera. Nessuno a cominciare da chi scrive, può ritenersi al riparo da tali rovinose cadute. La perseveranza finale è una grazia che bisogna chiedere ogni giorno con immensa fiducia a Colei che è Madre di tutte le grazie e che, dopo aver promesso nel 1917 la conversione della Russia scismatica e del mondo intero, il 3 gennaio 1944 riassunse in queste parole, a suor Lucia la grande promessa di Fatima: «nel tempo, una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa, Santa, Cattolica, Apostolica. Nell’eternità il Cielo!» (Um Caminho sob o olhar de Maria, Edições Carmelo, Coimbra 2012, p. 267).