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ou l'Art Contemporain conceptuel ou le modèle unique du Chemin Néo-Catéchuménal
par Presbu 2013-06-22 16:27:30
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<<Kiko Argüello peintre, musicien, architecte
Tandis que, à la Biennale de Venise, le Vatican dialogue avec l'art contemporain, un modèle esthétique très particulier, conçu par le fondateur du Chemin néocatéchuménal, a déjà été mis en place dans des milliers de paroisses du monde entier Je remarque que tout le mobilier et les tableaux y sont uniformément de la seule main du charismatique fondateur et que cela manifeste un inquiétant culte de cette "géniale" personnalité>> !
Sur les relations entre le monde de l'art et l'Église, le blog de Sandro Magister donne l'information ci-après sur un ton simplement objectif, mais dans ses annexes il renvoie à une critique en règle de l'initiative du cardinal RAVASI, comme on peut la retrouver sous la plume de Jean CLAIR il y a quelques semaines à un Mardi des Bernardins;
Très habilement, l'auteur souligne tout ce qui devrait déplaire au pape François: carriérisme, publicité personnelle, forte odeur de fric et complicité vaniteuse avec le système spéculatif de l'Art Contemporain conceptuel, exactement au moment où le monopole et l'arrogance de l'AC sont mis en cause par "le retour de la Beauté" dans l'Église; le temps me manque pour traduire cette descente en flammes!
source Il Covile, ISSN 2279–6924,Vogliamo pertanto considerare residuale, comunque vada votato all'oblio, l'imbarazzante
episodio del Padiglione del Vaticano alla Biennale di Venezia. Passarlo sotto il silenzio che merita, come quelle operazioni intempestive ed attardate, che si affrettano a mettersi in pari,
dosso istituzionale, e sulla subalterneità alle mode dell'Arte Contemporanea concettuale, c'è
poco da dire, fatti e immagini si commentano
da sé. |(2)| Che esso sia il prodotto del carrierismo e

protagonismo di alcuni personaggi della Curia,
anche questo è purtroppo evidente. Che ci sia
anche un aspetto inquietante di spreco di danaro, di fatua complicità con il sistema speculativo dell'AC, chi può negarlo?
L'iniziativa, per molti versi inopportuna, e le
difese di essa, per quanto impacciate e stizzite,
sembrano però mirare (e questo è più preoccu-
pante) ad ufficializzare un punto di non ritorno,
e proprio nel momento in cui il monopolio e
l'arroganza dell'AC sembrano messi in discus-
sione, e lo sono comunque dal ridursi dei flussi
finanziari di cui essa non può fare a meno per
esistere. Insomma, mentre i MAXXI vari col-
lassano sul proprio vuoto, e i vip dell'AC vanno
a cerca di qualunque connubio (con moda, pub-
blicità, arredi urbani ecc.) purché retribuito, è
proprio la «commissione cultura»della Santa
Sede ad accreditare come arte la produzione di
«oggetti estetici» che arte non sono, che emer-
gono per cooptazione da un mercato drogato e
speculativo, in mano a lobbies ben note, etica-
mente e professionalmente indifendibili. Questo
errore di prospettiva e di valutazione, arrogante
quanto imprudente, ha una duplice negatività:
quella evidente, perché trasferisce su opere ba-
nali e insulse un'aura a cui mai potrebbero aspi-
rare, e quella «che non si vede», perché svia al-
tri possibili e fecondi confronti, dando ad essi la
sponda fasulla di avanguardie spossate e senili,
di «arti povere», di avanzi e robaccia messa in
saldo sui circuiti internazionali.
Che questa impostazione vada a confluire con quella della gestione del «Il Cortile dei Gentili» non è una forzatura, perché il cardinal Ravasi stesso trionfalisticamente vi accenna, preannunciandone ulteriori tappe, forse usando la tattica del fait accompli. Come suo tempo, l'intuizione di Papa Benedetto è stata stravolta dalla gestione ravasiana, trasformandola in un programma di eventi istituzionali, palcoscenico in cui ognuno rappresenta se stesso (lui per primo), con i soliti (o anche insoliti, se si pensa al cabaret de CdG di Parigi) professionisti dell'ateismo, dell'agnosticismo, ecc..
Il Covilef
d
Iniziative di questo genere, del resto scontatissime, non hanno mai turbato nessuno, né tanto meno convertito, sono tipiche «iniziative culturali», in cui si vanta la partecipazione di questo e di quello, per dimostrare apertura di vedute e il riconoscimento da parte di ipotetiche élites intellettuali (in realtà tuttologi pronti a tutto).
È questo stesso schema che sta dietro alla partecipazione del Vaticano alla Biennale, e basta leggere le dichiarazioni di Ravasi in proposito: da una parte dimostrare che la Chiesa ha attenzione verso il mondo dell'arte, preso come oro colato per quello che è ufficialmente, con i suoi «artisti famosi», curatori ambiziosi e critici prezzolati e, dall'altra fare in modo che la Chiesa sia presente come istituzione in un ambiente che si avvale di un'eco mediatica (spesso procurata del resto con scandali «ad arte»). Il pasticcio che ne deriva è evidente: sponsorizzare il concettuale, che arte non è? Proporre agli «artisti» un tema vagamente religioso? Andare sul sicuro, con nomi storicizzati? E il costo dell'operazione?

     

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