du blog <settimo cielo>:" Retour à la doctrine traditionnelle sur l'ÉGLISE = nouvel Israël qui REMPLACE l'archéo-Israël. Un coup de tonnerre pour les modernos "dialoguistes"! ” ci-après traduction du dernier paragraphe et texte italien complet:
“ Dimanche 2 Septembre: Selon notre Foi, l'Église est l'Israel qui est devenu universel, dans lequel tous deviennent à travers le Seigneur fils d'Abraham. L'Israel dvenu universel dans lequel persiste le noyau essentiel de la Loi, débarrassé des contingences de temps et du Peuple . Ce noyau est simplement le Christ Lui-même, l'amour de Dieu pour nous et notre amour pour Lui et pour les hommes. Il est la Torah vivante, Il est le don de Dieu pour nous, dans lequel, aujourd'hui, nous recevons toute la sagesse de Dieu, Dans "l'être unis au Christ", dans le cheminer et vivre avec Lui, nous apprenons à être nous mêmes hommes d'une manière juste, nous recevons la Sagesse qui est Vérité.
Domenica 2 settembre, proprio mentre faceva il giro del mondo il “testamento spirituale” del cardinale Carlo Maria Martini, cioè la sua ultima intervista pubblicata post mortem di critica alla Chiesa “rimasta indietro di 200 anni”, anche Benedetto XVI ha preso di petto la questione della crisi della Chiesa, nell’omelia dettata a Castel Gandolfo ai suoi ex allievi di teologia riuniti nell’annuale seminario del Ratzinger Schülerkreis.
“Anche nella Chiesa – ha detto il papa – elementi umani si aggiungono e conducono o alla presunzione, al cosiddetto trionfalismo che vanta se stesso invece di dare la lode a Dio, o al vincolo, che bisogna togliere, spezzare e schiacciare. Che dobbiamo fare? Che dobbiamo dire? Penso che ci troviamo proprio in questa fase, in cui vediamo nella Chiesa solo ciò che è fatto da se stessi, e ci viene guastata la gioia della fede; che non crediamo più e non osiamo più dire: egli, Dio, ci ha indicato chi è la verità, che cos’è la verità, ci ha mostrato che cos’è l`uomo, ci ha donato la giustizia della vita retta. Noi siamo preoccupati di lodare solo noi stessi, e temiamo di farci legare da regolamenti che ci ostacolano nella libertà e nella novità della vita”.
E ancora:
“L’idea di verità e di intolleranza oggi sono quasi completamente fuse tra di loro, e così non osiamo più credere affatto alla verità o parlare della verità. Sembra essere lontana, sembra qualcosa a cui è meglio non fare ricorso”.
E più avanti, “circa l’intellettualizzazione della fede e della teologia”:
“È un mio timore in questo tempo, quando leggo tante cose intelligenti: che diventi un gioco dell’intelletto nel quale ‘ci passiamo la palla’, nel quale tutto è solo un mondo intellettuale che non compenetra e forma la nostra vita, e che quindi non ci introduce nella verità”.
A ciascuna di queste critiche Benedetto XVI ha dato delle risposte. Che egli ha così condensato al termine dell’omelia, con un’audace citazione dell’amatissimo san Bonaventura:
“Lasciamoci riempire di nuovo di questa gioia: dov’è un popolo al quale Dio è così vicino come il nostro Dio lo è a noi? Così vicino da essere uno di noi, da toccarmi dal di dentro. Sì, da entrare dentro di me nella santa eucaristia. Un pensiero perfino sconcertante. Su questo processo, san Bonaventura ha utilizzato, una volta, nelle sue preghiere di comunione, una formulazione che scuote, quasi spaventa. Egli dice: mio Signore, come ha potuto venirti in mente di entrare nella sporca latrina del mio corpo? Sì, lui entra dentro la nostra miseria, lo fa con consapevolezza e lo fa per compenetrarci, per pulirci e per rinnovarci, affinché, attraverso di noi, in noi, la verità sia nel mondo e si realizzi la salvezza. Chiediamo al Signore perdono per la nostra indifferenza, per la nostra miseria che ci fa pensare solo a noi stessi, per il nostro egoismo che non cerca la verità, ma che segue la propria abitudine, e che forse spesso fa sembrare il cristianesimo solo come un sistema di abitudini. Chiediamogli che egli entri, con potenza, nelle nostre anime, che si faccia presente in noi e attraverso di noi – e che così la gioia nasca anche in noi: Dio è qui, e mi ama, è la nostra salvezza! Amen”.
All’inizio di questa stessa omelia, Benedetto XVI ha anche espresso con parole inconsuete il rapporto tra Israele e la Chiesa. Non ha definito la Chiesa “nuovo Israele”, ma “l’Israele che è diventato universale”.
Ecco il passaggio per esteso:
“Secondo la nostra fede, la Chiesa è l’Israele che è diventato universale, nel quale tutti diventano, attraverso il Signore, figli di Abramo; l’Israele diventato universale, nel quale persiste il nucleo essenziale della legge, privo delle contingenze del tempo e del popolo. Questo nucleo è semplicemente Cristo stesso, l’amore di Dio per noi ed il nostro amore per lui e per gli uomini. Egli è la Torah vivente, è il dono di Dio per noi, nel quale, ora, riceviamo tutti la saggezza di Dio. Nell’essere uniti con Cristo, nel con-camminare e con-vivere con lui, impariamo noi stessi come essere uomini in modo giusto, riceviamo la saggezza che è verità”.
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