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Le Pape va-t-il annoncer une bonne nouvelle le 13 mai?
par Jean Kinzler 2017-04-11 21:49:19
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Le site Bergoglien Faro di Roma , dans un article daté du 10 avril 2017 annonce que la mise en place de la Prélature personnelle de la FSSPX « pourrait avoir lieu à Fatima, le 13 mai prochain. » - -
Voir: rorate-caeli


L’annuncio potrebbe avvenire a Fatima, il 13 maggio prossimo, quando Papa Francesco canonizzerà anche due dei tre veggenti, i beati Giacinta e Francesco Marto. Bergoglio ha, infatti, deciso di costituire una prelatura personale per i seguaci del vescovo scismatico Marcel Lefebvre. In questo modo si sancirebbe definitivamente la fine della frattura tra la Fraternità Sacerdotale San Pio X e la Chiesa cattolica. Il 30 giugno 1988, infatti, Lefebvre ordinò senza l’autorizzazione del Papa quattro vescovi incorrendo immediatamente nella scomunica insieme ai presuli appena consacrati, come prevede il Codice di Diritto Canonico. Finora, all’interno della Chiesa cattolica, soltanto l’Opus Dei gode dello status di prelatura personale richiesto nel 1969 e concesso nel 1982 da san Giovanni Paolo II. La scelta di annunciare a Fatima questo ennesimo e definitivo gesto di riconciliazione compiuto da Francesco, sulla scia di quanto fatto in questi anni dai suoi due diretti predecessori, verso i lefebvriani è dettato dalla profonda devozione che i seguaci della Fraternità Sacerdotale San Pio X nutrono nei confronti della Madonna apparsa cento anni fa in Portogallo.

Fin dall’inizio del suo pontificato Bergoglio, proseguendo il lavoro verso la piena unità all’interno del cristianesimo ereditato da Ratzinger, ha compiuto due gesti molto importanti di apertura verso i lefebvriani. Durante il Giubileo straordinario della misericordia, infatti, il Papa ha ritenuto valide le confessioni amministrate dai seguaci di Lefebvre. “Un’ultima considerazione – ha scritto Francesco nella lettera con la quale concedeva le indulgenze per l’Anno Santo – è rivolta a quei fedeli che per diversi motivi si sentono di frequentare le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X. Questo Anno giubilare della misericordia non esclude nessuno. Da diverse parti, alcuni confratelli vescovi mi hanno riferito della loro buona fede e pratica sacramentale, unita però al disagio di vivere una condizione pastoralmente difficile. Confido che nel prossimo futuro si possano trovare le soluzioni per recuperare la piena comunione con i sacerdoti e i superiori della Fraternità. Nel frattempo, mosso dall’esigenza di corrispondere al bene di questi fedeli, per mia propria disposizione stabilisco che quanti durante l’Anno Santo della misericordia si accosteranno per celebrare il sacramento della riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati”.

Una disposizione confermata anche dopo la chiusura della porta santa di San Pietro: “Nell’Anno del Giubileo – ha scritto il Papa nella lettera apostolica Misericordia et misera – avevo concesso ai fedeli che per diversi motivi frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X di ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale dei loro peccati. Per il bene pastorale di questi fedeli, e confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni in proposito, perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa”.

Ma il cammino verso la piena unità coi lefebvriani proprio recentemente si è arricchito di un nuovo importante tassello. In una lettera della Pontificia Commissione Ecclesia Dei ai vescovi delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo, il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, ha annunciato la decisione del Papa di riconoscere anche i matrimoni celebrati dai lefebvriani. “Come ella sa, – scrive il porporato rivolgendosi a tutti i presuli cattolici – sono in corso da tempo diversi generi di incontri e iniziative intenti a riportare nella piena comunione la Fraternità Sacerdotale San Pio X. Di recente, il Santo Padre ha deciso, per esempio, di concedere a tutti i sacerdoti del suddetto istituto le facoltà per confessare validamente i fedeli, in modo da assicurare la validità e la liceità del sacramento da loro amministrato e non lasciare nell’inquietudine le persone.

Nella stessa linea pastorale mirata a contribuire a rasserenare la coscienza dei fedeli, malgrado l’oggettiva persistenza per ora della situazione canonica di illegittimità in cui versa la Fraternità di San Pio X, il Santo Padre, su proposta della Congregazione per la dottrina della fede e della Commissione Ecclesia Dei, ha deciso di autorizzare i Rev.mi Ordinari del luogo perché possano concedere anche licenze per la celebrazione di matrimoni dei fedeli che seguono l’attività pastorale della Fraternità, secondo le modalità seguenti. Sempre che sia possibile, – precisa il porporato – la delega dell’Ordinario per assistere al matrimonio verrà concessa ad un sacerdote della diocesi (o comunque ad un sacerdote pienamente regolare) perché accolga il consenso delle parti nel rito del sacramento che, nella liturgia del Vetus ordo, avviene all’inizio della Santa Messa, seguendo poi la celebrazione della Santa Messa votiva da parte di un sacerdote della Fraternità.

Laddove ciò non sia possibile, o non vi siano sacerdoti della diocesi che possano ricevere il consenso delle parti, l’Ordinario può concedere di attribuire direttamente le facoltà necessarie al sacerdote della Fraternità che celebrerà anche la Santa Messa, ammonendolo del dovere di far pervenire alla Curia diocesana quanto prima la documentazione della celebrazione del Sacramento. Certi che anche in questo modo si possano rimuovere disagi di coscienza nei fedeli che aderiscono alla FSSPX e incertezza circa la validità del sacramento del matrimonio, e nel medesimo tempo si possa affrettare il cammino verso la piena regolarizzazione istituzionale, questo Dicastero confida nella sua collaborazione”.

In questi anni è stato abbastanza turbolento, per usare un eufemismo, il dialogo della Chiesa cattolica con la Fraternità Sacerdotale San Pio X che rifiuta il Concilio Ecumenico Vaticano II e la riforma del messale di Paolo VI preferendo ancora celebrare in latino secondo il rito tridentino. Nel 2009 Benedetto XVI tentò, invano, di ricomporre definitivamente la frattura revocando la scomunica ai quattro vescovi consacrati illegittimamente da Lefebvre, quest’ultimo morto nel 1991. Un gesto, quello di Ratzinger, che era stato preceduto, nel 2007, dal motu proprio Summorum Pontificum, con il quale Benedetto XVI ha liberalizzato la messa preconciliare, ovvero la celebrazione in latino utilizzata dal Concilio di Trento fino al Vaticano II, quando fu di fatto sostituita da quella nelle lingue nazionali.

Un documento, quello voluto da Ratzinger, che è stato sicuramente il testo pontificio che ha suscitato nella Chiesa cattolica maggiori contrasti durante il pontificato del Papa tedesco e ha visto la ferma opposizione alla sua attuazione in numerose diocesi da parte di diversi vescovi del mondo. Benedetto XVI lo aveva voluto proprio per intensificare il dialogo coi lefebvriani particolarmente sensibili a questa forma antica di celebrazione eucaristica. Ma né questo segno di particolare attenzione da parte del Papa tedesco, né la successiva revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani hanno suscitato analoghi segni di avvicinamento alla Chiesa di Roma da parte dei seguaci del vescovo scismatico.

Nello stesso giorno in cui Benedetto XVI revocava la scomunica la televisione svedese mandò in onda l’intervista al vescovo lefebvriano Richard Williamson, registrata il 1° novembre 2008 presso il seminario bavarese della Fraternità Sacerdotale San Pio X, nella quale l’intervistato negò l’esistenza delle camere a gas naziste e sostenne che gli ebrei sterminati nei lager furono trecentomila e non sei milioni. Al giornalista che lo intervistò Williamson affermò: “Ha mai sentito parlare del rapporto Leuchter? Fred Leuchter era un esperto in camere a gas. Progettò tre camere a gas per tre Stati, su cinquanta degli Stati Uniti, che ammettono la condanna a morte. Così lui conosceva la materia. E studiò, durante gli anni Ottanta, i resti delle presunte camere a gas tedesche, per esempio i crematori di Birkenau, Auschwitz. E la sua conclusione, da esperto, fu che è impossibile che quelle strutture abbiamo potuto essere utilizzate per la gasazione di grandi numeri di persone. Perché il gas cianidrico è molto pericoloso. Se lei – proseguì Williamson – supponiamo che lei voglia gasare trecento persone che ha ammassato in una camera e lei li gasa. E’ molto pericoloso entrare lì dentro e tirare fuori i cadaveri. Perché il gas che si è infiltrato nei vestiti la ucciderà. E’ estremamente pericoloso. Una volta che lei ha gasato delle persone deve espellere il gas. Per espellere il gas ha bisogno di un camino alto. Se il camino è basso, il gas va sul selciato e uccide tutti quelli che vi camminano. Ha bisogno di un camino alto, non si dimentichi di quanto deve essere alto. Se ci fosse stato un camino alto allora l’ombra si sarebbe proiettata, per gran parte della giornata, sul terreno, e i fotografi alleati che sorvolavano il campo avrebbero colto l’ombra di questi camini. Non vi sono mai state ombre del genere. E quindi – concluse Williamson – ecco la testimonianza di Fred Leuchter: non vi può essere stata nessuna camera a gas. Egli ha esaminato le porte. Le porte devono essere assolutamente a chiusura ermetica. Altrimenti, di nuovo, il gas esce e uccide le persone all’esterno. Le porte delle camere a gas che mostrano ai turisti ad Auschwitz non sono assolutamente a chiusura ermetica. Assolutamente no”.

Il 27 gennaio 2009 il superiore dei lefebvriani, monsignor Bernard Fellay, scrisse una lettera di scuse a Benedetto XVI per le dichiarazioni negazioniste di Williamson prendendone le distanze e assicurando che nella comunità non erano assolutamente condivise queste posizioni antisemite. Da lì, però, il tentativo di giungere alla piena comunione con la Chiesa di Roma si è incrinato sempre più fino a compromettersi notevolmente con le dichiarazioni durissime di Fellay su Papa Francesco: “Abbiamo davanti a noi un vero modernista”.

Il 15 ottobre 2013 si consumò un altro episodio a dir poco spiacevole. Davanti al diniego del Vicariato di Roma ai funerali pubblici per Erich Priebke, invitando a celebrare la messa esequiale nella casa del defunto, i lefebvriani spalancarono le porte del loro istituto di Albano Laziale per ospitare la funzione. Un avvenimento segnato anche da violenti scontri e proteste che costrinsero a sospendere la cerimonia. Priebke, proprio come Williamson, ha sempre negato la Shoah. Su questo tema Bergoglio è stato sempre chiarissimo: “E’ contradditorio che un cristiano sia antisemita. Le sue radici sono un po’ ebree”. Così come disse, nel 1986, san Giovanni Paolo II, unico Pontefice a citare nel suo testamento un ebreo, l’ex rabbino capo di Roma Elio Toaff, che chiamò gli ebrei “nostri fratelli maggiori”. Ora tocca a Francesco porre finalmente la parola fine alle avversità coi lefebvriani. E il viaggio a Fatima sempre l’occasione giusta.



Francesco Antonio Grana
farodiroma.it

     

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